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ToggleLe leggi in materia di risarcimento danni da incidente stradale mortale riconoscono il diritto al risarcimento ai parenti della vittima, non solo ai familiari conviventi, ma anche a coloro che dimostrano l’esistenza di un vincolo affettivo con il deceduto.
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Diritto al risarcimento per i parenti delle vittime di incidenti stradali
I parenti della vittima di un sinistro stradale che è morta o ha riportato delle macro-lesioni, possono chiedere il risarcimento danni, ma hanno l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare deceduto.
Secondo una recente giurisprudenza, l’individuazione dei soggetti a cui riconoscere il risarcimento può prescindere sia dal rapporto di stretta parentela, sia dal rapporto di convivenza, se viene provata la concreta esistenza della relazione affettiva.
Tipologie di danni risarcibili ai prossimi congiunti
Il risarcimento riconosciuto ai familiari della vittima copre il danno patrimoniale sia per le spese post-mortem, quali quelle burocratiche e funerarie (danno emergente), sia per il venir meno di un eventuale sostentamento economico garantito dalla vittima primaria alla vittima secondaria (lucro cessante).
Il risarcimento del danno non patrimoniale riguarda, invece, la sofferenza conseguente alla perdita della persona con la quale c’era un rapporto affettivo. È chiamato danno da perdita del rapporto parentale e si riferisce al pregiudizio morale e dinamico relazionale patito dai sopravvissuti. Non è immediatamente accertabile in termini monetari, ma richiede una valutazione da parte del giudice che, in funzione della durata e dell’intensità del legame interpersonale, ne liquiderà l’ammontare mediante il ricorso a criteri equitativi a norma degli artt. 1226 e 2056 c.c.
Il ruolo dell’assicurazione nel risarcimento dei parenti danneggiati
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte confermato che, in caso di incidenti stradali mortali, l’assicurazione è tenuta a risarcire anche i parenti della persona deceduta, in quanto la persona danneggiata non è da intendersi solo come la vittima diretta dell’incidente, ma anche i congiunti e gli aventi causa.
In considerazione del fatto che il sinistro mortale ha come conseguenza l’attivazione del procedimento penale, l’articolo 360 del Codice di procedura penale riconosce ai parenti della vittima la facoltà di nominare i propri consulenti di parte, affinché partecipino all’autopsia che è un esame irripetibile e alla ricostruzione cinematica del sinistro, indispensabile per stabilire la dinamica dell’incidente e il nesso causale tra l’incidente e il decesso.
L’intervento di un legale sarà, inoltre, necessario per attivare la trattativa con la compagnia di assicurazioni della controparte, al fine di ottenere il risarcimento.
Calcolo del risarcimento per la morte di un parente in un incidente stradale
Per calcolare il risarcimento per la morte di un parente si fa riferimento all’ultima edizione delle tabelle milanesi. La forbice prevista fino al 2021 andava da 168.250 a 336.500 euro. Nel 2022 le tabelle stabiliscono un “valore punto” di 3.365 euro (uguale a 336.500:100).
Quantificazione economica del risarcimento da danno morale
Per la liquidazione in caso di perdita di genitore, figlio, coniuge o assimilati, è possibile attribuire fino a 118 punti, rimanendo sempre all’interno della soglia di 336.500 euro.
Per distribuire i punti occorre tenere in considerazione i seguenti parametri:
- età della vittima – fino a 28 punti per danno patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico-relazionale)
- età dei sopravvissuti – fino a 28 punti
- convivenza – fino a 16 punti per danno non patrimoniale presumibile se la vittima e/i sopravvissuti convivevano; 8 punti se la vittima e il sopravvissuto che non convivevano, abitavano nello stesso palazzo o condominio
- sopravvivenza di altri congiunti – fino a 16 punti
- qualità e intensità della relazione affettiva – fino a 30 punti
Dalla somma dei punti si ottiene l’ammontare che non può comunque essere superiore a 336.500 euro, salvo in casi in cui ci siano circostanze eccezionali.
Nel caso in cui ci fossero contrasti tra la vittima e il parente, controversie giudiziarie, attivi di violenza o reati, l’importo del risarcimento potrà subire una riduzione e, al limite, non essere riconosciuto.
Se la vittima è un fratello o un nipote, il numero dei punti che si possono attribuire è 116, per un importo massimo di 146.120 euro.
Strategie e tempi per ottenere il risarcimento ai familiari della vittima
I tempi per ottenere il risarcimento del danno dipendono da una molteplicità di variabili, di cui la principale è la durata delle indagini preliminari, all’interno del procedimento penale che inizia in seguito al sinistro. In media questa prima fase dura circa sei mesi.
In funzione dell’esito delle indagini preliminari, l’assicurazione formulerà un’offerta risarcitoria. Maggiori saranno gli elementi probatori che dimostrano la responsabilità di chi ha causato l’incidente, maggiore sarà la possibilità da parte dei parenti della vittima di ottenere un congruo risarcimento. È per questo fondamentale la presenza di un legale esperto che tratti con l’assicurazione.
Se nella fase delle indagini non sono emersi elementi solidi, i tempi per il raggiungimento di un accordo con la compagnia assicurativa possono dilatarsi. La cifra più bassa offerta dall’assicurazione potrà essere accettata dagli aventi diritto come acconto per poi continuare l’azione risarcitoria, costituendosi parte civile nel processo penale che può durare anni.
Diritti dei genitori al risarcimento del danno per la morte del figlio in un incidente stradale
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari del 10 novembre 2022, n. 1635, ha stabilito che il danno per la perdita del figlio non può ritenersi minimo per il fatto che il padre sopravvissuto abbia inizialmente abbandonato il figlio avvicinandosi a quest’ultimo durante l’adolescenza. Il riconoscimento di un minore risarcimento per il padre comporterebbe di fatto la svalutazione del perdono filiale e rappresenterebbe un’ingerenza nella vita personale degli interessati da ritenersi indebita secondo gli artt. 3 e 29 della Costituzione e 8 Convenzione EDU, ma anche dall’art. 1 della Legge 184/83 (come modificato dalla legge 28.3.2001, n. 149) che afferma il diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia, diritto che non può essere ostacolato dalle condizioni di indigenza dei genitori che possono riguardare non soltanto l’aspetto materiale, ma anche quello sociale ed esistenziale.
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